Banche: utili record nei primi 3 mesi del 2023
I dati 2023
Grazie agli aumenti dei tassi della BCE, le banche italiane stanno facendo affari d'oro negli ultimi nove mesi. Infatti proventi e utili sono aumentati molto rispetto al 2022: i primi 5 gruppi bancari italiani hanno visto gli utili crescere a 15,7 Mld, in crescita del 70% rispetto all'anno prescedente, mentre per l'intero settore nell'anno solare la Fabi, sindacato dei bancari, stima profitti di 43 miliardi, anch'essi in aumento del 70%.
Questa stima è straordinaria, soprattutto se la consideriamo in comparazione a quelle degli anni passati: nel 2022, le banche avevano registrato 25 miliardi di utili, nel 2021 si erano attestati a 16,4 mld, nel 2020 solamente a 2 miliardi per via della pandemia, nel 2019 a 15,7 mld e nel 2018 a 15,1 mld. Gli azionisti si aspettano che una buona parte di tali utili (46%) sia distribuita tramite dividendi (il cosiddetto pay-out). La crescita di proventi e utili è dovuta all'aumento del margine di interesse: mentre i tassi di interesse passivi (di mutui e prestiti) si alzano ad un ritmo molto più rapido dei tassi di interesse attivi (pagati ai correntisti); questo ha permesso che i proventi derivati dagli interessi si alzassero a ben 25,6 miliardi, in crescita del 56% rispetto ai primi 9 mesi del 2022. Ci sono però anche dati negativi: a causa dell'aumento dei tassi di interesse, gli impieghi delle banche sono diminuiti (-5,6%), in controtendenza con la tendenza europea positiva (+1,3%); trascinano tale tendenza i mutui casa, che costano di più e per i quali le banche sono diventate più selettive (-40%).
Un mercato più solido
Tra le altre voci, migliorano i requisiti del capitale primario: dal 14% al 17%. Ciò solidifica la posizione delle banche, preparandole a una possibile crisi finanziaria e a un boom del deterioramento del credito, anche grazie ai 4,2 mld provenienti dalla tassa Extraprofitti (vedi sotto). Segnali positivi per la liquidità del settore: copertura media al 128%, ben oltre il minimo regolamentare fissato al 100%.
Le richieste dei bancari: stipendi più alti e fringe benefits
A causa di queste cifre, la Fabi ha richiesto alle banche un forte aumento degli stipendi medi previsti dal contratto nazionale. «La fortissima crescita degli utili dei primi cinque gruppi bancari italiani dimostra che la richiesta economica avanzata dai sindacati unitariamente per il rinnovo del contratto nazionale dei bancari è assolutamente coerente con il contesto» ha spiegato il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani. «Gli indicatori di produttività attestano che il contributo dei lavoratori è stato rilevantissimo - aggiunge - per questo è necessario arrivare in tempi brevi alla chiusura della trattativa, in modo che le banche possano corrispondere gli aumenti retributivi già dal mese di dicembre». A livello di cifre, oggi la fascia stipendiale più bassa prevede uno stipendio mensile lordo di €2.175,31, ovvero circa € 1.434,80 euro netti, una paga insufficiente persino al mantenimento di un single giovane, che spendeva secondo i dati ISTAT mediamente 2032€/mese al 2012, equivalenti a oltre 2400€/mese odierni. I bancari hanno chiesto pertanto un aumento di stipendio pari a 435€/mese lordi, per tentare di colmare questo gap storico.
Flop extraprofitti: i mercati chiudono la questione.
Il governo italiano, notati questi numeri record, ha deciso di creare una nuova tassa sugli extraprofitti, che sarebbe andata a incidere in maniera pesante sui profitti bancari. Stando alle condizioni finali, le banche avrebbero dovuto versare nelle casse dello Stato circa 2 miliardi di Euro. Tuttavia, dopo la disapprovazione espressa dai mercati con un'aumento dello spread a oltre 200 punti base, è stato introdotto un emendamento che dava la possibilità alle banche di impiegare tali somme, maggiorate del 150%, in riserve liquide non distribuibili, possibilità che tutte le maggiori banche hanno sfruttato per evitare i versamenti nelle casse dello Stato. Versamenti che, in prospettiva, sarebbero comunque stati richiesti dall'autorità competente, per il deterioramento del credito, previsto in forte aumento vista la precaria situazione economica.
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