CCI: il piano di risanamento
Il d.lgs. n. 14/2019 (cosiddetto Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza o CCI) prevede una compiuta disciplina in merito al piano attestato di risanamento. Ma c'è una grande novità: per la prima volta, infatti, il legislatore italiano ha infatti attribuito rilevanza a un atto non soggetto a un preventivo vaglio giudiziale, né ad alcuna forma di pubblicità. Il piano di risanamento è contenuto in una sola norma della legge fallimentare, ossia l'art. 67, comma 3°, lett. d), l. fall., la quale regola esclusivamente gli effetti nell’ambito delle esenzioni dall’azione revocatoria fallimentare. Coerentemente con la sua collocazione sistematica, la rubrica dell’art. 56 fa espresso riferimento alla nozione di “Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento”, il che testimonia l’intento legislativo di dare rilievo ad atti dispositivi del patrimonio del debitore. L'articolo in questione, al comma 2, recita così: "il piano deve avere data certa e deve indicare:
la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa;
le principali cause della crisi;
le strategie d’intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
i creditori e l’ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative, nonché l’elenco dei creditori estranei, con l’indicazione delle risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza;
gli apporti di finanza nuova;
i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivo e la situazione in atto;
il piano industriale e l’evidenziazione dei suoi effetti sul piano finanziario”.
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