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Daniel Piscitelli

Direttiva CSR e normativa comunitaria ESG, si amplia la responsabilità delle imprese in tema di economia sostenibile

di Francesca Ricci, Tiziana Fiorella, Emanuela Burgio* Il Sole 24 Ore , Estratto da “Norme&Tributi Plus Diritto”, 7 marzo 2023


Le nuove norme si applicheranno ad un numero significativamente crescente di imprese che saranno chiamate a rendersi responsabili del loro impatto sulla società, sul rispetto dei diritti umani, sulla governance e sull’ambiente.


La Corporate Sustainability Reporting Standard Directive


Il primo gennaio 2023 è entrata in vigore la Corporate Sustainability Reporting Standard Directive, la Direttiva (UE) 2022/2464 (di seguito, Direttiva o CSRD), che modifica il precedente regime della rendicontazione non finanziaria, ampliando la responsabilità delle imprese in tema di economia sostenibile.

Dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, avvenuta in data 16 dicembre 2022, l’Italia ha a disposizione 18 mesi per recepire la Direttiva nella legislazione nazionale.

Le nuove norme si applicheranno ad un numero significativamente crescente di imprese che saranno chiamate a rendersi responsabili del loro impatto sulla società, sul rispetto dei diritti umani, sulla governance e sull’ambiente. Attraverso la disclosure di dati sull’impronta ambientale e sociale che dovranno essere resi disponibili al pubblico, la CRSD ha lo scopo di guidare le società verso un’economia maggiormente sostenibile. Allo stesso tempo, i nuovi requisiti di rendicontazione introdotti dalla Direttiva sono adattati e graduati alle varie dimensioni delle imprese e forniscono loro un periodo transitorio per prepararsi.

Nel solco del quadro normativo sopra delineato, si inseriscono due ulteriori recenti proposte elaborate dalla Commissione Europea nel 2022. La prima, la proposta di Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence, per la creazione di un sistema di indagine preventiva da parte delle società destinatarie della normativa (imprese grandi o ad alto-rischio di impatto socio-ambientale), volta a monitorare, prevenire e mitigare gli impatti negativi sull’ambiente, sulle condizioni di lavoro e sui diritti e libertà individuali sia della propria attività d’impresa, sia della value chain a monte e a valle.

E la seconda, la proposta di Regolamento per vietare prodotti realizzati avvalendosi di lavori forzati (the “Forced Labour Ban Regulation”), che mira ad eliminare ogni forma di schiavitù moderna a livello internazionale e ad eliminare dal mercato dell’UE tutti i prodotti realizzati con il lavoro forzato.

Il fine ultimo di questi interventi euro unitari è quello di creare una economia moderna, incentivando una transizione socialmente giusta verso un sistema economico sostenibile. In termini pratici, la Commissione indica misure volte a realizzare i seguenti obiettivi: riorientare i flussi di capitali verso investimenti ESG al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva, gestire i rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse, il degrado ambientale e le questioni sociali nonché promuovere la trasparenza, la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie.


Cos’è la rendicontazione sulla sostenibilità


La comunicazione, da parte di alcune categorie di imprese, di informazioni pertinenti, comparabili e affidabili sulla sostenibilità è già prassi che si sostanzia nella c.d. comunicazione non finanziaria (comunicazione ESG).

Questa è stata introdotta dalla Direttiva 2013/34/UE poi modificata dalla Direttiva 2014/95/UE - recepita in Italia con il D.lgs 254/2016 - che ha disposto che le imprese comunichino informazioni nella relazione sulla gestione, in un’apposita sezione, nei seguenti ambiti: modello e strategia aziendali che indichino resilienza ed opportunità rispetto alle questioni di sostenibilità; obiettivi e modello di governance aziendale a presidio delle questioni ESG; politiche e procedure seguite in relazione alle questioni di sostenibilità; informazioni sull’esistenza di incentivi connessi ai temi di sostenibilità destinati ai membri di amministrazione, direzione e controllo; azioni intraprese per mitigare ripercussioni negative derivanti da questioni ambientali e sociali; rischi e relativa gestione; infine, indicatori per la comunicazione di informazioni nell’ambito della rendicontazione in tema ESG.

Le informazioni saranno declinate sulle prospettive temporali a breve, medio e lungo termine e includeranno informazioni anche sulla catena del valore. La necessità di prevedere degli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità deriva dagli impegni assunti dall’Unione Europea con l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici del 2016, il Sustainable Finance Action Plan del 2018 ed il Green Deal per l’Unione Europea e i suoi cittadini del 2019.

Per realizzare quanto sopra e contrastare il fenomeno del c.d. greenwashing la comunicazione sui temi ESG è considerato dal legislatore euro unitario uno strumento essenziale. La trasparenza su come l’impresa affronta i temi di sostenibilità aumenta all’interno della stessa la consapevolezza e la comprensione dei rischi e delle opportunità correlati all’ambiente, ai temi sociali e alla condotta aziendale, diversifica la base degli investitori, migliora il dialogo costruttivo con tutti i portatori di interessi.

La necessità di modificare la precedente disciplina sulla comunicazione di carattere non finanziario ha determinato l’approvazione della nuova Direttiva che amplia il numero soggetti interessati, la tipologia delle informazioni da rendicontare e, in ultimo, modifica la stessa denominazione del documento da produrre. Non si parlerà più, infatti, di “rendicontazione non finanziaria”, bensì di “rendicontazione sulla sostenibilità”.


Il principio della doppia materialità informativa


Sempre di più i cittadini, gli investitori e le società stesse richiedono trasparenza sulla sostenibilità per una maggiore consapevolezza delle implicazioni dei rischi connessi all’ambiente, alla società e ai processi decisionali e di gestione del rischio a livello aziendale. Di conseguenza, con il reporting di sostenibilità, l’impresa è invitata a fornire:

  • tutte le informazioni sul modo in cui gli sviluppi nel campo della sostenibilità influenzano ed hanno effetto sull’impresa;

  • • un esempio sono gli effetti del cambiamento climatico sul modello di business. Si parla in questo caso di materialità finanziaria;

  • tutte le informazioni sugli effetti che l’impresa stessa ha sull’ambiente circostante; ad esempio l’effetto delle emissioni dei processi produttivi sulla qualità dell’aria dei residenti locali. Si parla in questo caso di materialità d’impatto.

Quanto sopra è sintetizzato con “doppia materialità” quando cioè ci si riferisce all’impatto sull’impresa e all’impatto dell’impresa. Il rapporto di sostenibilità dovrebbe contenere tutte le informazioni materiali, ossia rilevanti. Le informazioni sono da ritenersi materiali/rilevanti quando la loro omissione o la loro rappresentazione errata influenzano la valutazione e il giudizio dell’utente. Per cui un argomento che è materiale, dal punto di vista finanziario e/o di impatto entra a far parte del bilancio di sostenibilità.

Per la compilazione della rendicontazione in argomento le imprese interessate dovranno conformarsi a nuovi standard europei: gli European Sustainability Reporting Standards – ESRS) sviluppati dall’EFRAG - European Financial Reporting Advisory Group, di cui al momento si conosce solo una bozza, ma che saranno emanati nella loro versione definitiva dalla Commissione, tramite atti delegati, entro il 30 giugno 2023.

L’ambito di applicazione


La grande novità della CSRD è, come anticipato, l’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’obbligo di rendicontazione sulla sostenibilità. Infatti, sono obbligate a presentare la rendicontazione in argomento tutte le grandi imprese, quotate in borsa o meno, comprese le imprese estere che fatturano più di 150 milioni di euro nell’UE . Per la prima volta, anche le PMI quotate dovranno presentare la rendicontazione, ma, si vedrà, avranno più tempo per adattarsi alla nuova normativa. Restano escluse le microimprese anche se quotate.


Data di applicazione


L’obbligo di redigere e rendere pubblico il bilancio di sostenibilità si applicherà in quattro fasi successive:

  • Nel 2025, comunicazione sull’esercizio finanziario 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario;

  • Nel 2026, comunicazione sull’esercizio finanziario 2025 per le grandi imprese attualmente non soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario;

  • • Nel 2027, comunicazione sull’esercizio finanziario 2026 per le PMI quotate (ad eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive. È invece facoltativa la rendicontazione in questione per le PMI non quotate;

  • Nel 2029, comunicazione sull’esercizio finanziario 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell’UE, se hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nell’UE che supera determinate soglie;


Conclusioni


La Direttiva può essere paragonata ad uno “tsunami” sia in termini di numero di società coinvolte sia per l’incremento delle informazioni da includere nel report di gestione. La rendicontazione sulla sostenibilità coinvolgerà migliaia di aziende solo in Italia. È di tutta evidenza l’importanza di una comunicazione di questo tipo, non solo per favorire la concreta sostenibilità aziendale, ma anche per il beneficio reputazionale cui conseguirà il miglioramento dell’accesso al capitale finanziario, oltre ai riflessi positivi sull’ambiente e sulla società.



*A cura di Francesca Ricci, Tiziana Fiorella, Partner, ed Emanuela Burgio, Associate -Ughi e Nunziante - Studio Legale

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