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Daniel Piscitelli

Nel Codice della crisi centrale il risanamento dell’impresa

di Filippo D’Aquino Il Sole 24 Ore , Estratto da “Focus Norme Tributi”, p.2, 23 giugno 2023


Il Codice della crisi d’impresa ha spostato l’asse delle procedure concorsuali dalla liquidazione concorsuale al risanamento dell’impresa. L’evoluzione normativa, partita con il Dl 83/2012 che introduceva il concordato con continuità aziendale (articolo 186-bis della legge fallimentare), si completa dieci anni dopo, sull’onda della direttiva (Ue) n. 2019/1023, con il decreto legislativo 83/2022, che pone al centro della disciplina concorsuale la salvaguardia dei valori intangibili e della continuità aziendale. La concorsualità non può più essere predicata come un sistema di «cerchi concentrici» (Cassazione, 9087/2021) che si propagano dalla procedura liquidatoria verso le procedure una volta minori, bensì come un sistema integrato per la conservazione dei valori aziendali. Va in questa direzione l’attenzione agli assetti organizzativi dell’impresa.

Tali assetti devono risultare idonei ex ante sia a intercettare tempestivamente la perdita della continuità aziendale – postulato del bilancio di esercizio secondo le regole interne civilistiche (articolo 2423-bis, n. 1, Codice civile) e contabili, nonché internazionali - sia a individuare e adottare uno degli strumenti atti al recupero della continuità. Gli organi gestori e di vigilanza dell’impresa vengono così responsabilizzati nel preservare la continuità aziendale, con un sistema domestico di regole di wrongful trading.

Funzionale a una rapida emersione dell’eventuale perdita medio tempore della continuità è una procedura di allerta (la composizione negoziata della crisi), già disciplinata dal Dl 118/2021 e sollecitata dal 17° e dal 22° considerando della direttiva 2019/1023. Il legislatore è giunto a dare rilievo, durante le trattative con i creditori - ove l’impresa sia insolvente ma abbia «concrete prospettive di risanamento» – al «prevalente interesse dei creditori» (articolo 21 del Codice della crisi), attribuendo dignità a portatori di interessi diversi dai titolari della proprietà formale, secondo un modello sperimentato per l’esecuzione del concordato con continuità aziendale.

La conservazione dei valori intangibili, messi a disposizione dei creditori, introduce un concetto relativamente nuovo, il «valore di ristrutturazione», ossia un valore virtuale che si aggiunge alle fonti tradizionali dell’impresa, valutate a valori di aggressione patrimoniale e ai valori di liquidazione. La quantificazione di questo «valore di ristrutturazione» è messa, peraltro, a dura prova nella continuità indiretta, ove questo valore è difficilmente distinguibile dalla liquidazione aggregata dei beni, possibile anche in sede liquidatoria concorsuale (articolo 214) e ove la valutazione comparativa con il «valore di liquidazione» deve tenere conto non solo dei maggiori costi della ristrutturazione, ma anche della perdita di fonti proprie della liquidazione concorsuale (articolo 87, comma 1, lettera h).

Questo «valore di ristrutturazione» – e qui una delle innovazioni più rilevanti – è declinato secondo una nuova regola distributiva, la priorità relativa. Il legislatore non ha inteso perseguire la strada tradizionale della degradazione del privilegio (una volta esaurito il valore di liquidazione, tutti i crediti sono chirografari) ma ha introdotto una regola che proietta su questo maggior valore le regole distributive proprie del valore di liquidazione. Come un novello mito della caverna, la priorità relativa proietta sul valore di ristrutturazione la priorità che i creditori avrebbero ricevuto sull’intero patrimonio del debitore (quindi, si tratta di creditori che possono considerarsi costituzionalmente strategici), trattandoli in modo più favorevole rispetto ai creditori che seguono nella graduazione nella liquidazione (articoli 84, comma 6 e 112, comma 2, lettera b). Si tratta di una proiezione “virtuale”, perché i creditori posteriori possono essere soddisfatti senza dover attendere il soddisfacimento integrale dei creditori anteriori.

Questa proiezione del valore di ristrutturazione “informa”, pertanto, i criteri di formazione delle classi (i cluster in cui sono “imprigionati” i creditori ai fini del voto nel concordato), dovendo tali classi risultare differenziate per evidenziare questa ultrattività della prelazione. Inoltre – probabilmente causa l’opacità della norma di cui all’articolo 11, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 2019/1023) – la classe assenziente determinante ai fini dell’approvazione del concordato diventa quella che sul valore di ristrutturazione riceverebbe un soddisfacimento parziale (quindi, i primi creditori insoddisfatti) ove il valore di ristrutturazione fosse distribuito ivi proiettandovisi le regole del valore di liquidazione.

Secondo un modello invalso oltreoceano (si veda § 1129 del capitolo 11 del Bankruptcy Code), l’udienza di omologa ha un ruolo centrale. Nel nostro sistema, tuttavia, la conservazione dei valori aziendali prevale sull’interesse dei creditori, tanto che il concordato potrebbe (secondo la lettura più diffusa) non essere approvato dalla maggioranza delle classi (articolo 112, comma 2, lettera d). Per cui, come è stato osservato, potrebbe essere proposto “contro” i creditori. Infine, singolare è il trattamento riservato ad alcuni dei creditori costituzionalmente strategici (fisco e istituti di previdenza obbligatoria), “necessari” e non negoziali dell’impresa. Questi creditori (già sotto il vigore della disciplina previgente per effetto della legge 159/2020) sono stati per legge “espropriati” del diritto di voto, in quanto il loro voto, anche ove negativo, può essere ribaltato in sede giudiziale, qualora il tribunale ritenga che il loro trattamento sia più conveniente (o non deteriore in caso di concordato) rispetto all’alternativa liquidatoria (articolo 63, comma 2-bis e 88, comma 2-bis). L’attenzione al solo aspetto della riscossione ha fatto perdere di vista le condizioni in cui è maturata la formazione dello stock di debito, rischiando di far pagare a questi creditori il costo della ristrutturazione.

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