Perché la transizione 5.0 ci interessa e riguarda tutti
di Gianni Dal Pozzo, Luciano Gamberini Il Sole 24 Ore , Estratto da “COMMENTI”, p. 17, 31 ottobre 2023
Mentre la quarta rivoluzione industriale è in pieno corso, il dibattito pubblico che sta nascendo sulla transizione 5.0 attira sempre più l’attenzione. Concetti complessi e veloci trasformazioni tecnologiche generano tuttavia confusione e incomprensioni nella discussione tra intellettuali, imprenditori e policy makers.
La prevalenza di una visione tecnocentrica tipica del 4.0 trascura fattori sociali e ambientali emergenti che, al contrario, caratterizzano la transizione 5.0. Diventa perciò essenziale adottare un approccio sociotecnico che tenga conto della rivoluzione tecnologica in atto, ma anche dell’impatto delle tecnologie sul pianeta e sulle persone, per sviluppare soluzioni più responsabili, sostenibili e realmente innovative. In Giappone, dove è stato introdotto per la prima volta, si usa il termine «Società 5.0» per riferirsi all’ultimo dei passaggi storici dopo la Società 1.0 dei cacciatori-raccoglitori, la 2.0 con l’agricoltura e gli insediamenti umani stanziali, la 3.0 caratterizzata dal processo di industrializzazione, e la Società 4.0, che è l’era dell’informazione, di Internet e delle tecnologie di comunicazione. In questa accezione, il 5.0 fa riferimento ad una società intelligente (super-smart society) e a modelli economici, che spinti dagli avanzamenti dell’Ia, della robotica, dell’Internet delle cose, dei sistemi di Xr (eXtended Reality) e dall’uso intensivo dei dati si concentra sui bisogni e sullo sviluppo delle capacità delle persone. L’Europa nel suo programma quadro Horizon Europe (2021-27) declina questo concetto in Industria 5.0. Questa non propone radicali innovazioni tecnologiche rispetto a «industria 4.0» e resta ancorata all’idea dell’ibridazione dei tradizionali sistemi fisici di produzione con le nuove componenti digitali. Tuttavia, se uno dei risultati più ambiziosi del 4.0 sono le fabbriche «a luci spente», o «unmanned factories», nelle quali la produzione non ha bisogno di un intervento umano diretto, nella transizione 5.0, la tecnologia è vista come un mezzo e non come un fine: l’obiettivo è ampliare le capacità dell’essere umano anziché sostituirlo. Su questa riflessione pesano anche gli incredibili, recenti sviluppi dei sistemi di Ia generativa che di fatto estendono la possibilità di sostituire le persone con le macchine in ambiti professionali considerati fino a ieri di esclusivo dominio umano. Altra peculiarità della transizione 5.0 è la sua applicazione su tutti i settori produttivi e i servizi, a differenza del 4.0 che tradizionalmente e di fatto, si è occupata di manifattura e logistica. Possiamo immaginare ad esempio percorsi su misura per studenti di ogni età, adatti ai loro stili di apprendimento, alle loro abilità e ai loro interessi; mentre i ruoli di formatore ed educatore rimarrebbero centrali per orientare, ispirare e motivare gli studenti. Nell’agricoltura, è possibile monitorare in tempo reale le condizioni del suolo e delle colture, ottimizzare l’uso di acqua e fertilizzanti, prevenire malattie o parassiti, ma l’agricoltore 5.0 resta fondamentale per prendere decisioni strategiche e per mantenere il legame con la tradizione e il territorio.
Nella medicina gli scienziati potranno creare farmaci progettati appositamente per uno specifico organismo, personalizzando con il supporto delle macchine i farmaci frutto del loro ingegno. Nel 5.0 di matrice europea compaiono altri due importanti concetti: sostenibilità e resilienza. La transizione 5.0 mira a integrare la sostenibilità ambientale e l’inclusione sociale con processi produttivi più efficienti ed economicamente sostenibili, grazie a pratiche di economia circolare e a innovativi modelli di business. Inoltre, il 5.0, punta a creare un sistema industriale resiliente, in grado di fronteggiare eventi imprevisti come disastri naturali, emergenze sanitarie, crisi economiche o interruzioni delle forniture, riducendo al minimo gli impatti negativi e adattandosi rapidamente ai cambiamenti. La situazione in Italia sembra allinearsi con l’approccio europeo. Con il programma Horizon Europe, Bruxelles ha lanciato azioni a sostegno delle Pmi, con linee di finanziamento per tutte le tipologie di imprese, incluse quelle creative e del turismo. Il Governo ha iniziato a supportare la transizione 5.0 e far sì che imprese, persone e pubbliche amministrazioni intraprendano rapidamente questo cammino. Nel prossimo futuro ci si augura che siano creati incentivi fiscali (agevolazioni, crediti d’imposta o sovvenzioni) e programmi di finanziamento specifici (prestiti agevolati, capitale di rischio o fondi di investimento dedicati all’innovazione socio- tecnologica) per incoraggiare le Pmi a investire sul 5.0. Servono supporto consulenziale e formazione rivolta a lavoratori e manager, piattaforme e reti di scambio di esperienze tra le Pmi.
Fondamentale sarà razionalizzare e sostenere concretamente la collaborazione tra imprese, università, centri di ricerca e di trasferimento tecnologico. Per facilitare lo scambio di conoscenze, la condivisione di risorse e lo sviluppo di progetti congiunti sono recentemente nati gli «ecosistemi dell’innovazione» legati alle strategie di specializzazione intelligenti regionali, quindi ai territori, e finanziati in modo rilevante dal Pnrr. Altre infrastrutture preziose a questi scopi sono i Cluster regionali (o Reti Innovative Regionali), gli Edih (European Digital Innovation Hub) e i Competence Center che Regioni, Governo e Commissione Europea dovranno razionalizzare e adeguatamente sostenere. Per favorire la transizione 5.0, si dovrà quindi aggiornare e adeguare il quadro normativo, semplificare la burocrazia e i processi di partecipazione alle azioni pubbliche. Infine, si dovrebbero promuovere nuovi standard di sicurezza e qualità, perché etica e legalità meritano la nostra attenzione in tempi rapidi e consoni alla velocità delle trasformazioni in corso. Osservatorio 5.0 dell’Università degli Studi di Padova.
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