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Immagine del redattoreLuca Baj

Pieno onere probatorio, e non di mera "vicinanza" nelle contestazioni sui rapporti di conto corrente


Nei rapporti bancari in conto corrente il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione delle somme indebitamente annotate è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi. Con particolare ri ferimento alla situazione in cui l’illiceità della annotazione è fatta discendere dall’applicazione di clausole contrattuali ritenute nulle, il correntista è tenuto a produrre in giudizio il relativo contratto, onde consentire l’apprezzamento della dedotta causa di invalidità, nonché i relativi estratti conto - o altri strumenti rappresentativi delle contestate movimentazioni - atteso che solo attraverso tali documenti è possibile accertare il carattere indebito dell’annotazione. A tal fine egli non può invocare - diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti - il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, poiché tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione o, comunque, quanto agli estratti conto, può agevolmente acquisirlo, in caso di omesso invio da parte della banca, mediante richiesta ai sensi dell’articolo 117 del Tub. (M.Fin.)

 

La massima in commento, quindi, conferma implicitamente il diritto del correntista ad ottenere, ai sensi dell'art. 117 TUB, copia del contratto. Questione dibattuta sistematicamente, atteso il tenore della norma richiamata, che, secondo alcuni interpretassi, limiterebbe la portata estensiva ai soli estratti conto.

 

Sezione I, ordinanza 14 dicembre 2022 n. 36585 - Pres. De Chiara; Rel. Catallozzi; Ric. Castano Invest S.r.l.; Controric. Intesa San Paolo Spa


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