Rapporto GBCI, Italia si posiziona bene in graduatoria
Nel rapporto annuale Global Business Complexity Index di Tmf Group, multinazionale nei servizi professionali alle aziende, che analizza a livello globale la complessità per costituire e gestire un’impresa, l’Italiasupera l’esame perché aprire un’impresa nonè molto più difficile della vicina Germania. Decisamente anche più semplice di Spagna e Polonia. Emerge dal rapporto pubblicato pochi giorni fa che nonostante il bel paese non sia tanto competitivo e capace di attrarre investimenti, gli esperti di Tmf ritengono che non sia tutto così negativo come sembra. Per complessità, in graduatoria al primo posto come Paese più complesso c’è l’Indonesia e all’ultimo posto, come Stato meno complesso, il Curacao, l’Italia si classifica in 36esima posizione: Sud Africa, Svezia, Finlandia e Germania occupano le posizioni dalla 37 alla 40. La Francia, invece, è quasi tra i Paesi più complicati, in quanto è dodicesima. In Europa, lo stato più difficile è la Grecia al quinto posto. I meno complicati del vecchio continente sono Danimarca (74esima a livello globale), Olanda (72esima) e Irlanda (70esima). Il rapporto conclude nella sua analisi in aree chiave della gestione aziendale e della compliance in 77 giurisdizioni. L’indice tiene in considerazione fattori che comprendono il tempo necessario alla registrazione di un’attività, i cambiamenti nella legislazione fiscale, le politiche relative a salari e benefici, ma anche i procedimenti necessari per l’apertura di un conto bancario. Nel complesso vengono utilizzati oltre 250 parametri. Sicuramente, si evince nella situazione italiana che la burocrazia rappresenta un freno per il sistema Paese, soprattutto in alcuni settori. Infatti, Tmf sottolinea l’aspetto di apertura del conto corrente, dove le imprese straniere impiegano dai due ai tre mesi per aprire un conto bancario; in Repubblica Ceca basta una settimana e in India pochi giorni. In più, il ruolo di enti ed autorità istituzionali complicano ulteriormente l’iter, le società che intendono insediarsi in Italia devono relazionarsi con quattro o cinque enti diversi mentre nel Regno Unito c’è un solo referente istituzionale. Nonostante la riforma del lavoro, un licenziamento di un dipendente con prestazioni basse richiede in Italia circa 25 settimane, mentre nella maggior parte dei Paesi europei la procedura si definisce in tre o quattro settimane. Motivo per cui tra le aziende si incontra resistenza ad assumere in maniera stabile molti dipendenti. Secondo il direttore generale di Tmf Italia, Massimo Canovi: l’Italia è una delle principali economie europee, ma rimane un Paese abbastanza complesso da un punto di vista legato al business e aggiunge: alcuni campi come la disciplina giuslavoristica o la fiscalità, richiedono alle aziende che decidono di insediarsi e di operare qui un onere burocratico maggiore rispetto a molte altre località dell’Europa occidentale. Detto questo, l’Italia è anche un luogo estremamente gratificante per le multinazionali che cercano di espandersi a livello internazionale. Il Paese vanta una forza lavoro pragmatica e innovativa: mentre la burocrazia può essere una sfida in alcune aree, ci sono ancora molte ragioni per investire. La classifica delle prime in ordine di decrescente complessità: 1)Indonesia, 2) Brasile, 3) Argentina, 4) Bolivia, 5) Grecia, 6) Cina, 7) Nicaragua, 8) Colombia, 9) Malesia, 10) Ecuador, 11) Turchia, 12) Francia, 13) Messico, 14) Croazia, 15) Panama, 16) Taiwan, 17) Corea, 18) India, 19) Belgio, 20) Serbia, 21) Slovacchia, 22) Russia, 23) Peru.
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