Fmi, impatto economico peggiore della seconda guerra mondiale
Le stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI) per l’economia prevedono il Pil europeo per il 2020 a -7%, seguito da un rimbalzo del 4,7% nel 2021. Secondo il FMI, è il dato peggiore dalla seconda guerra mondiale, in quanto, l'impatto economico della pandemia è stato enorme in Europa e la ripresa da questa crisi sarà irregolare e parziale. Inoltre, il FMI, sottolinea che la risposta senza precedenti ha evitato un risultato devastante e che senza la recessione sarebbe stato un risultato peggiore. Il FMI considera anche molto incerto l'outlook, e che il virus in Europa rappresenta un maggiore rischio al ribasso. Il Fondo ritiene che nonostante per l'Europa sia prevista una contrazione del Pil del 7% nel 2020, la maggiore dalla seconda guerra mondiale, considera il dato in miglioramento rispetto al -8,5% previsto in giugno. Tra i Paesi più colpiti nell’area Ue ci sono Italia, Francia, Portogallo, San Marino, Spagna e Regno Unito per i quali l'economia è prevista contrarsi di circa il 10%, secondo il FMI. Per l'Italia le stime del Fondo sono di un Pil in calo del 10,6% nel 2020, con un rimbalzo del 5,2% nel 2021. Il FMI, si sofferma anche sull’aspetto umano, ricordando come la pandemia da Covid-19 abbia causato drammatiche perdite di vite umane e gravi danni all'economia europea, ma evidenzia come grazie a una risposta politica eccezionalmente forte, sono stati evitati risultati più devastanti. Lo descrive il Fondo Monetario Internazionale nel suo Regional Economic Outlook pubblicato in base al World Economic Outlook. Lo studio del FMI, rileva come il Pil reale nel continente europeo sia diminuito di circa il 40% nel secondo trimestre del 2020 – annualizzato trimestre su trimestre – con una contrazione più profonda nell'Europa più avanzata, dove il virus si è diffuso maggiormente, rispetto all'altra parte dell’Europa. Il report coglie anche aspetti sui programmi di tutela del lavoro, che hanno preservato almeno 54 milioni di posti di lavoro. Il FMI, sostiene che la forza della ripresa dipenderà particolarmente dal corso che seguirà la pandemia perché la seconda ondata, potrebbe frenare la ripresa. Il report raccomanda, di continuare con le varie politiche che tutelano i posti di lavoro finché la ripresa non è radicata, sottolineando che per sostenere la ripresa dalla pandemia, le politiche dovrebbero cercare di affrontare sfide di lungo periodo, come la bassa crescita della produttività, la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio e la crescente disuguaglianza. Lo studio rileva inoltre che questi programmi di sostegno al lavoro, le moratorie sul debito, le sovvenzioni e le garanzie sui prestiti potrebbero essere efficaci per soddisfare le esigenze di liquidità delle imprese, soprattutto nelle economie europee più avanzate. Allo stesso tempo, la capacità delle misure politiche annunciate di frenare l'aumento dei rischi di solvibilità appare più limitata, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), a causa del previsto aumento dell'indebitamento delle imprese. E’ necessaria un'attenta calibratura delle politiche per supportare meglio le società ritenute redditizie a lungo termine e per facilitare l'uscita ordinata di aziende che difficilmente avranno successo nell'economia post-pandemia.
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