Riforme, un business plan per l’Italia
Torna di nuovo sul tavolo il tema Recovery Fund, a seguito del budget di spesa di 209 miliardi di euro assegnato all’Italia in relazione alla prossima programmazione europea 2021-2027. Una cifra importante, suddivisa in 82 miliardi di euro di quota a fondo perduto e 127 miliardi di euro di prestiti, e vincolata ad un piano di riforme. La distribuzione delle quote avverrà in tre anni, tra il 2021 e il 2023, il 70% nel 2021/2022 (146 miliardi) e il restante 30% entro la fine del 2023 (63 miliardi). Il piano collegato al fondo prevede che già nel 2021, l’Italia riceverà un anticipo con un prefinanziamento del 10% cioè 20,9 miliardi di euro. Ma il vincolo per l’Italia, come per tutte le altre nazioni europee, è preparare un Recovery Plan nazionale, un piano triennale (2021-2023), da presentare nell’autunno di quest’anno. Il Recovery Plan dovrà essere in linea con le raccomandazioni della Commissione Europea, che lo valuterà entro due mesi dalla presentazione. Al riguardo, l’Italia si dovrà impegnare a fare una riforma della giustizia, una riforma del fisco e una riforma del lavoro. L’idea del presidente del Consiglio Giuseppe Conte è di istituire una task force composta da un ristretto gruppo di ministri e tecnici per presentare il piano di riforme alla Ue e per organizzare e gestire i soldi del Recovery Fund. Più precisamente, sarebbe una cabina di regia politica e governativa, non con lo schema della task force di tecnici ed esperti estranei ai partiti. Al momento ne farebbero parte già sette ministri: Roberto Gualtieri (Economia), Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), Roberto Speranza (Salute), Paola De Micheli (Infrastrutture), Paola Pisano (Innovazione), Nunzia Catalfo (Lavoro) e Sergio Costa (Ambiente). Allo studio l’ipotesi di far partecipare ai lavori anche i rappresentanti delle amministrazioni locali, Regioni e Comuni. Alla guida ci sarebbe direttamente il primo ministro che ha pensato all’idea collegandosi a Strategia Italia nata nel 2019 per coordinare e velocizzare gli investimenti pubblici. Invece, per la redazione tecnica dei progetti di riforma scelti a livello politico, starebbe pensando ad un organismo neutrale, un comitato formato da amministratori, alti funzionari dello Stato ed esperti in diversi settori. Un organismo a cui non si è ancora pensato a chi affidare l’incarico di guidarlo e soprattutto a chi avrà la responsabilità di definire la linea del business plan per il futuro del Paese.
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