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Immagine del redattoreGiuseppe Politi

Agricoltura, investimenti in digitale e 4.0 entro il 2024

Le imprese agricole accelerano il passo per recuperare il ritardo nel cammino verso la transizione digitale. Il 23% delle aziende del settore sta adottando o intende adottare tecnologie 4.0 tra il 2022 e il 2024, contro il 4% del triennio 2017-2019 e il successivo balzo al 20% nel biennio dell’emergenza pandemica. Ma per un’azienda del settore su quattro le risorse economiche insufficienti sono il principale freno ad investire nella digitalizzazione. Anche per queste imprese il Pnrr potrebbe essere un’opportunità da cogliere, tuttavia il 69% delle aziende del settore dichiara di non volere o di non potere accedere a queste risorse. Mentre solo il 16% si è già attivato e un altro 15% ha in programma di farlo.

E’ quanto emerge da un’indagine del Centro Studi Tagliacarne su un campione di 800 imprese agricole con almeno 2 addetti secondo cui un’impresa agricola su due conta di superare i livelli pre-Covid entro il 2024.

“L'agricoltura si sta dimostrando sempre più ricettiva nell'adozione delle nuove tecnologie abilitanti con l'obiettivo di competere al meglio sul mercato”. È quanto evidenzia il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che aggiunge “le imprese agricole sono più propense delle altre realtà imprenditoriali a investire in capitale umano per migliorarne le competenze e per favorire la partecipazione dei dipendenti allo sviluppo dei progetti di innovazione, in una logica di condivisione. Tuttavia, per dare un ulteriore slancio al processo di cambiamento in corso è necessario sviluppare policy mirate che favoriscano la modernizzazione dell’intera filiera che resta strategica per la nostra economia”.

Più nel dettaglio la scarsità delle risorse finanziarie è un ostacolo agli investimenti in tecnologie abilitanti avvertito particolarmente dalle imprese femminili del settore (49% contro il 25% delle aziende agricole complessive). Ma a creare maggiori difficoltà ad investire nella transizione digitale sono anche i costi troppo elevati delle tecnologie (23%) e la scarsa informazione sull’iter per investire in tecnologie digitali (21%).

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