Bce-Fed, un confronto quasi impossibile che non deve far temere per il futuro dell’Europa
Un breve intervento, per una platea quasi esclusivamente di giovanissimi, quello del professor Donato Masciandaro, in dialogo con la corrispondente da Francoforte per Il Sole 24 Ore. Un conciso punto sulle maggiori differenze tra le banche centrali europea e statunitense che è partito dai “fatti”, dai tassi d’interesse in aumento annunciati da ambo i lati, per arrivare alle diversità di substrato. “Stiamo facendo un confronto tra pere e mele” – ha affermato il docente della Bocconi – “la Bce infatti opera in un quadro di 19 politiche monetarie differenti, nonché, oggi, nell’incertezza dell’effetto-guerra. Quali che saranno le azioni, però, non guardiamo con timore alla normalizzazione: si tratta di un passaggio auspicabile e necessario”.
Parte dai fatti, l’intervento del professor Donato Masciandaro in merito a Banca Centrale Europea e Federal Reserve, dall’aumento dei tassi d’interesse da parte della banca centrale statunitense - di 25 cent a marzo e di 50 cent ora – e dall’annuncio dell’avvio del quantitative tipering, che comporterà la vendita dei titoli. Un punto che sembra accomunare la Fed alla Bce, che proprio di recente ha infatti dichiarato l’aumento dei tassi da luglio. Ma si tratta davvero di un allineamento? “No” – risponde Masciandaro – “stiamo mettendo a confronto due economie in fasi completamente diverse. Certo, da entrambe le parti c’è alla base una comune inflazione inaspettata, ma la fisionomia di questa inflazione è completamente diversa. Oltre a ciò, la Bce poggia su una frammentazione dovuta a 19 politiche monetarie differenti”. L’equilibrio, dunque, è un traguardo di più difficile raggiungimento per l’Europa: “Dobbiamo ricordarci che per noi, un ulteriore carico è dato dall’effetto-guerra. A renderlo chiaro sono gli stessi comunicati delle due banche: per la Bce si tratta di un dato di fatto, per la Fed il conflitto ucraino è qualcosa di molto lontano”.
Eppure, di normalizzazione si parla. “Probabilmente la normalizzazione procederà a piccoli passi, non sarà drastica e terrà conto dei debiti pubblici.” – continua il docente della Bocconi - “Per questo motivo non la dobbiamo temere. È una buona notizia tornare ad un’economia normale, non possiamo pensare di continuare con tassi di interesse negativi. Se poi davvero si potrà assistere a tassi positivi già a fine anno, questo dipenderà dalla macroeconomia, da quella che oggi è una parola chiave, “l’incertezza”. Però a mio avviso l’euro è una storia di successo, la storia di una moneta che si è imposta, diventando la seconda più importante a livello mondiale: chi auspicò il peggio, si rassegni; chi temette il peggio, di tranquillizzi”.
Fonte: ufficio stampa festival
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