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Immagine del redattoreLuca Baj

Geopolitica e geoeconomia dopo la guerra in Ucraina

Testimone diretto della politica, dell’economia e della geopolitica degli ultimi cinquant’anni, Romano Prodi ha accompagnato il pubblico del Festival nelle pieghe degli equilibri mondiali, toccando aspirazioni, luci e ombre di ogni continente, dall’Europa all’Africa, dagli Stati Uniti all’Asia. Paolo Magri, vicepresidente esecutivo dell’Ispi e Lucia Annunziata, con le loro domande, hanno portato il Professore a ricordi personali, valutazioni geopolitiche e disegno di scenari.

«Non sono un esperto di strategie militari – ha esordito Prodi sul palco del teatro Sociale – ma mi dicono che per l’operazione bellica in Ucraina a Putin serviva un esercito da 4-500.000 soldati. Perché ha usato solo 140.000 militari? Forse pensava che gli ucraini lo avrebbero accolto a braccia aperte?». La guerra in Ucraina come barometro degli equilibri mondiali. Prodi ha parlato tanto di Cina e Stati Uniti (due paesi che conosce direttamente, dato che vi ha insegnato) perché ritiene che solo con un loro accordo si possa arrivare alla pace in Ucraina. Con una Russia (e con i Russi) molto ben capaci di sopportare le sanzioni e di congelare e trascinare i conflitti.

«Quando ero presidente della Commissione europea – ha ricordato il Professore – si parlava addirittura di ingresso della Russia nell’Ue. Certo, un paese troppo grande: avrebbe rotto gli equilibri. Ma si parlava molto di collaborazione, una collaborazione «Whisky & soda» disse qualcuno: «No, come vodka e caviale», corresse Putin. Tanti gli aneddoti riannodati dal filo della memoria personale di Prodi, che ha partecipato a un vertice Nato-Russia e a 5 vertici Ue-Russia. «Putin non si ispira all’Urss, ma alla Russia degli zar, con la sua chiesa, con una certa sacralità. Già nel 2008 Bush voleva Ucraina e Georgia nella Nato. Mi opposi, insieme a Francia e Germania». Oggi per Prodi bisogna fare presto a cercare la pace, perché l’emergenza alimentare, che colpirà prima di tutto l’Africa che importa grano dall’Ucraina, è dietro l’angolo. Paolo Magri ha rilevato come un paradosso portato da questa guerra l’annunciato riarmo tedesco, la fine della neutralità di Finlandia e Svezia, l’accoglienza polacca, la Turchia che media una crisi europea. Prodi auspica che i paesi più grandi dell’Ue, come Italia, Francia, Spagna e Germania – come fatto per l’euro oltre vent’anni fa – cerchino un’integrazione cooperativa rafforzata, che sbocchi in un ministero degli esteri comune: «Anche altri seguirebbero a breve l’esempio» si è detto convinto l’ex presidente del Consiglio. Gli Stati Uniti, per Prodi, dopo i Bush hanno avuto sempre meno a cuore l’Europa, fino a Trump, che l’ha vista come una nemica: «Gli americani vogliono che l’Europa nuoti, ma se ogni tanto beve un po’ d’acqua, sono contenti» la metafora del Professore. Lucia Annunziata ha interrogato Prodi sull’Italia: «Non l’ha mai nominata nello scenario geopolitico…».

«L’Italia è ancora importante. È un grande paese esportatore e industriale. Vedo bene un legame con Macron». Quanto alla Brexit, Prodi ha ammesso: «Da presidente Ue i problemi maggiori li ho sempre avuti con il regno Unito. Avevano un’idea troppo diversa di Europa e un legame troppo forte con gli Stati Uniti». «Non mi meraviglio che l’Europa sia divisa sulle sanzioni alla Russia – ha concluso Prodi – perché le dipendenze energetiche e i vari rapporti di forza con la Russia sono troppo diversi. E ora anche gli interessi di Usa e Europa mi sembrano sempre più divergenti».


fonte: ufficio stampa fes

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