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Immagine del redattoreLuca Baj

Lavoro agile e sviluppo locale: una liaison possibile?

La pandemia sta rimodellando il mondo del lavoro. L’ascesa del lavoro agile è una delle novità più eclatanti. Alla rapida crescita del numero dei suoi utilizzatori è corrisposta un’estensione dei suoi obiettivi, da mero strumento di conciliazione vita-lavoro a vero e proprio modello che promette di rendere il lavoro più produttivo, ridurre le emissioni inquinanti e rilanciare le aree periferiche. Quali azioni sono necessarie affinché queste promesse vengano realizzate? Rappresentanti del settore pubblico, del mondo aziendale e della società civile hanno dato vita ad un ricco confronto sul tema, moderato da Alessandra Proto, responsabile del centro Ocse di Trento.

Le due facce del telelavoro. Da un lato gli effetti positivi: migliore produttività, conciliazione vita-lavoro, riduzione del traffico e del pendolarismo, maggior qualità della vita; dall’altro lato: rischi di isolamento, divario sociale, riduzione creatività e innovazione, aumento delle ore trascorse davanti al PC, dissolversi del confine tra vita privata e lavorativa. Gli obiettivi riconosciuti sono: ripopolare le aree periferiche e montane, decongestionare le città e migliorare ambiente e inquinamento. Occorrono però competenze informatiche e capacità manageriali per gestire al meglio il lavoro agile. Lo smart working è un modo per ripensare le nostre città e il rapporto tra le periferie e il centro. Questa la premessa introdotta dalla moderatrice del panel, Alessandra Proto, che ha dato il via al seminario.

Un progetto italiano di ultima generazione e innovativo – lo Smart Working Village – è stato presentato dal suo ideatore, Federico Balocchi, sindaco di Santa Fiora (Grosseto). “La sfida è stata dare nuova vita al nostro comune che era colpito da spopolamento e trasformarlo in un comune vocato allo smart working: La nostra idea – ha proseguito – è nata prima della pandemia con l’obiettivo di rendere attrattivo il lavoro da remoto e promuovere la delocalizzazione delle imprese al fine di non perderle all’estero, ma attrarle sul territorio. Abbiamo offerto di sostenere il 50% del canone di affitto e promosso i nostri servizi conciliativi, scolastici e sociali. Ad oggi 50 nuclei hanno aderito, di cui almeno 10 si sono stabilizzati a Santa Fiora. Lo Smart Village offre servizi all’infanzia, banda ultra larga, wifi di ultima generazione. Stiamo realizzando una struttura di co-working e messo a disposizione spazi per le sedi di imprese o di start up”.

“Dal lavoro agile allo sviluppo di un Distretto intelligente” è il tema centrale dell’intervento di Luca Comper, dirigente generale del personale della Provincia autonoma di Trento: “Il piano strategico nasce durante la pandemia e la finalità era di trainare il territorio e trasferire esperienze di innovazione. Abbiamo coinvolto 50 stakeholders privati e pubblici e provato ad immagine come avremmo voluto il nostro territorio tra 20 anni. Lo smart working può essere un motore di traino sociale ed economico e creare impatto sul territorio (sostenimento di minori costi di trasporto per i lavoratori, rivitalizzazione dei borghi periferici, più tempo da dedicare alle proprie occupazioni familiari e personali). Sostanzialmente il Piano sarà un volano per innovare profondamente il nostro territorio: richiederà un cambio di rapporto tra il datore di lavoro e i dipendenti, che si baserà su un nuovo paradigma e cioè “la fiducia” e la realizzazione del risultato”. Infine, ha concluso Comper: “Il Piano introdurrà 70 standard per coordinare il cambio di competenze hard e soft (coordinare il proprio team da remoto è diverso che dal vivo). Entro fine giugno 2022 stipuleremo il contratto con i sindacati e puntiamo a coinvolgere tutte le organizzazioni, anche private, sul territorio e la prossima frontiera sarà creare gli indicatori di impatto.”

Ha preso la parola a seguire, Alexander Steiner, Direttore generale della Provincia autonoma di Bolzano che ha sottolineato un principio: “lo smart working si basa sulla fiducia, innanzitutto, tra i manager con i dipendenti, i politici e i sindacati. In 3 parole abbiamo riassunto il nuovo approccio della nostra Provincia: fiducia, semplificazione, tralasciare le cose che non servono. Abbiamo lavorato tanto durante la pandemia – ha aggiunto - sul trasferimento di competenze informatiche ai nostri dipendenti che hanno una età media alta vicina ai 50 anni. Inoltre abbiamo creato una piattaforma digitale per continuare a garantire i servizi alla cittadinanza, investito nella digitalizzazione ed elargito contributi per più di 100 milioni di euro alle imprese in difficoltà. La seconda sfida ora è capire come portare avanti il lavoro agile nel pubblico, a seguito dell'accordo stipulato con i sindacati nel dicembre 2020. Il 72% dei dipendenti sono femmine e con part time del 57% e forse, grazie allo smart working, si ridurrà quest’ultima percentuale aumentando i dipendenti impiegati con tempo pieno”.

La testimonianza di una grande azienda con 17.000 dipendenti, il Gruppo Generali, è stata data da Davide Pelucchi, responsabile delle relazioni industriali: “Abbiamo stipulato nel 2017 un primo accordo sul lavoro agile e poi grande accelerazione con la pandemia. In una settimana abbiamo remotizzato l’intera azienda per 2 anni. Abbiamo avviato una nuova regolamentazione dello smart working con il sindacato il cui cardine è la scelta di mantenere l’alternanza di lavoro in sede e lavoro da remoto, in cui cambierà il rapporto tra il capo e i propri collaboratori. Deve mutare il paradigma dal controllo visivo ad una logica di raggiungimento di obiettivi. Al centro fiducia e responsabilizzazione del singolo e, parallelamente, aumento del benessere dei singoli. Concludo – evidenziando che il 95% dei nostri dipendenti hanno aderito all’accordo, segno che la gente si è riconosciuta in questa nuova filosofia. Stiamo monitorando questa prima fase e il risultato principale è l’aumento della produttività”.

In conclusione Annarosa Pesole, Consigliera del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, ha dichiarato: “Il Ministero ha affrontato il lavoro agile che prima sfiorava il 15% fino ad arrivare con la pandemia al 50%, ed ha fornito le linee guida alle parti sociali coinvolgendo sindacati, Confindustria, associazioni di categoria. Il lavoro agile porta, da un lato, al miglioramento della produttività e della conciliazione tra vita e lavoro, dall’altro, un’organizzazione per obiettivi che può essere una spinta, ma al contempo rischia di generare ulteriore precarizzazione del lavoro se le aziende, ad esempio, dovessero terziarizzare specifiche attività. Altro tema è la fiducia – ha detto in finale – dobbiamo sottolineare che durante la pandemia l'acquisto di software di controllo dei dipendenti è aumentato del 70%. Come Ministero dobbiamo correggere eventuali distorsioni e lavoreremo anche sul garantire nuovi spazi di socialità, anche diversi da quello centrale della sede di lavoro; il diritto alla disconnessione (elemento su cui vigilare), dotare i piccoli centri di infrastrutture (in primis la rete della connettività)”.


 

fonte: ufficio stampa festival

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