RRF: i chiarimenti della Commissione UE
La Commissione UE ha pubblicato le linee guida per la stesura dei piani nazionali relativi alla RRF. La Commissione ha suddiviso le aree di intervento in quattro gruppi: favorire la coesione economica, sociale e territoriale; rafforzare la resilienza dell’economia e della società; ridurre l’impatto socioeconomico della crisi; supportare la transizione verso una economia verde e digitale. Ogni livello dovrà articolarsi per “componenti” (cioè per insiemi coerenti di “riforme” e “investimenti” che dovranno correlarsi con ciascuna delle quattro aree di intervento). Da ogni Stato membro la Commissione si aspetta sia che risultino coerenti von gli obiettivi nazionali individuati nelle raccomandazioni del Consiglio UE per gli anni 2019 e 2020, sia che descrivano tutti queste componenti in modo molto analitico, con specifiche informazioni di dettaglio su ogni azione di investimento e su ogni riforma che si intende proporre, una quantificazione del contributo a carico della RRF ed i relativi obiettivi con una pianificazione dettagliata nell’arco temporale consentito ed articolata per stati di avanzamento (“milestones”). Le riforme su ogni settore dovranno avere effetti di lungo periodo e la loro efficacia dovrà essere utilizzata per valutare il buon uso delle risorse investite. Gli investimenti, dato che coinvolgono la spesa pubblica delle risorse comunitarie, dovranno determinare modifiche strutturali dei settori che li riceveranno ed avere effetti duraturi. Potranno comprendere investimenti in capitale fisso, risorse umane, tutela ambientale, ma anche proprietà intellettuali e, in ogni caso, essere orientati in chiave “verde”. Ovviamente per fare tutto questo, gli Stati membri dovranno limitarsi a costi derivanti da spese di natura non ricorrente e anche il quadro temporale dell’investimento non potrà eccedere il 2026. La discrezionalità agli Stati Membri è stata data sulle modalità di investimento: non solo investimenti diretti, ma anche strumenti finanziari, contributi a rimborso spese, sussidi. E’ importante indicare la presenza di coinvestimenti privati e che le norme sugli aiuti di stato non vengano violate. Per quanto riguarda il digitale, è prevosto un minimo obbligatorio di spesa per la transizione digitale: il 20% del budget dovrà essere allocato su misure finalizzate al tema della connettività fissa e mobile, agli investimenti in ricerca e sviluppo nel digitale (incluso l’hardware), alla educazione digitale dei lavoratori, ai sistemi di e-government ed ai servizi digitali della PA (si pensi alla interoperabilità dei costituendi “cloud storage” delle PPAA nazionali degli stati membri) e creazione di “hub per l’innovazione digitale” finalizzati alla “digitalizzazione” dell’impresa privata. C’è spazio anche per l’innovazione tecnologica digitale: una citazione su tutte la vogliamo riportare, i processori quantici (intel in America ci sta lavorando da lustri).
Comments