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Immagine del redattoreLuca Baj

Unione - fusione e bancarotta

In tema di reati fallimentari, anche l'operazione di unione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo una delle società trasformate, può costituire condotta distrattiva. Questo succede poiché i rapporti giuridici facenti capo a ciascuna società non si estinguono, bensì si trasferiscono alla società derivante dalla fusione, quando sia dimostrata, sulla base di una valutazione a priori ed in concreto, la pericolosità della stessa operazione di fusione per la società poi fallita. Nel caso di specie, la Cassazione, sez. V penale, con sentenza n. 9398 del 10 marzo 2020, ha annullato con rinvio per un nuovo esame l’ordinanza mediante la quale il Tribunale aveva rigettato l’istanza di riesame proposta dall’amministratore di una società fallita, coinvolta in un’operazione di fusione, avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che aveva disposto nei suoi confronti la misura cautelare coercitiva degli arresti domiciliari. Ciò accadde perché non era stata effettuata la necessaria verifica in concreto della pericolosità ex ante della fusione per i creditori della società fallita, pericolosità da ritenersi esclusa quando la fusione e la creazione di un nuovo ente giuridico non abbiano comportato un aggravamento delle passività né una diminuzione patrimoniale, tale da pregiudicare o compromettere i creditori di quella società. Pertanto, affinché l’amministratore di una società, successivamente fallita, possa essere imputato del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, non è necessario che sia accertato il nesso di causalità tra le operazioni societarie da lui poste in essere e il dissesto o il fallimento della stessa, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato l’impoverimento della società amministrata destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.

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