Violazione delle norme antinfortunistiche e responsabilità degli enti ex D. lgs. n. 231/01: la riduzione dei tempi di lavorazione è risparmio
Avv. Federico Luppi - Studio Legale Diod
Dalla disamina della prassi giudiziaria relativa all’affermazione della responsabilità dell’ente, si evince che le sentenze di condanna trovano la loro radice non tanto e non solo nei casi di mancata adozione di un MOG ovvero di un MOG adeguato ed efficace, bensì (e soprattutto) nell’effettiva ed efficace implementazione delle procedure in esso contenute.
La questione assume particolare rilievo allorquando sia declinata nell’ambito dei dettami previsti dal Testo Unico sulla Sicurezza: non si tratta di svolgere un giudizio circa l’idoneità astratta del sistema organizzativo adottato, quanto la concreta operatività all’interno dell’azienda di tutte le procedure previste ed individuate nel MOG volte a garantire la sicurezza dei lavoratori.
A tal proposito, la Suprema Corte ha recente ribadito, in tema di responsabilità degli enti derivante da reati di lesioni personali colpose (ovvero di omicidio colposo) in violazione della disciplina antinfortunistica, che il criterio di imputazione oggettiva dell’interesse o del vantaggio “è integrato anche da un esiguo, ma oggettivamente apprezzabile, risparmio di spesa, collegato a condotte illecite anche non sistematiche.”
Sul punto, giova ricordare che il requisito dell’interesse (o del vantaggio) ricorre, ad esempio, nell’ipotesi in cui l’evento lesivo, concretizzatosi per effetto della violazione delle cautele antinfortunistiche, sia dipeso non da una mera sottovalutazione dei rischi ovvero da un’inidonea valutazione delle misure di prevenzione necessarie, bensì da una specifica scelta aziendalistica finalizzata a risparmiare sui costi (anche in modo esiguo) di impresa e, dunque, a massimizzare (illegittimamente) il profitto.
Correttamente, la responsabilità dell’ente è stata riconosciuta anche nelle ipotesi in cui il risparmio è stato conseguito non da un minor ovvero inadeguato investimento nei dispositivi e nelle procedure antinfortunistiche, ma anche dalla riduzione dei tempi di lavorazione ottenuta attraverso la non effettiva attuazione delle procedure stesse.
Dunque, anche laddove i presidi antinfortunistici siano stati correttamente attuati all’interno dell’azienda, ma ciò nonostante da un punto di vista pratico le lavorazioni siano state effettuate disapplicando di fatto le procedure od i sistemi di sicurezza (ed a causa di ciò si realizza un infortunio), al fine di consentire una contrazione dei tempi di lavorazione, allora si configura l’intento di consentire alla persona giuridica di conseguire quell’utilità (i.e. interesse/vantaggio) che costituisce il criterio di imputazione oggettiva della responsabilità amministrativa a carico dell’ente.
L’analisi dell’efficacia del MOG appare di particolare rilievo solo che si consideri che la responsabilità dell’ente è esclusa per i reati commessi dall’apicale nel caso in cui sia stato adottato ed efficacemente implementato un MOG idoneo a ridurre il rischio di commissione dello specifico reato che si è realizzato.
A tal fine, non deve sfuggire che tra le condizioni dettate dall’art. 6, D.Lgs. n. 231/01, per esentare l’ente dalla responsabilità per il delitto commesso da un apicale, vi è anche quello di aver affidato all’OdV, che deve necessariamente essere munito di poteri autonomi rispetto a quelli degli amministratori, il compito di vigiliare sull’osservanza, funzionamento ed aggiornamento del modello stesso.
E, infine, perché l’ente possa sottrarsi a responsabilità da reato per fatto dei soggetti in posizione apicale è necessario che questi ultimi abbiano commesso il reato eludendo fraudolentemente il MOG. E’ indubbio che il concetto di elusione richieda una condotta caratterizzata da una portata decettiva (ad esempio il sottrarsi con malizia ad un obbligo ovvero aggirare un vincolo previsto dal modello); come affermato dalla Suprema Corte deve trattarsi di una “condotta ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola”.
In tale prospettiva, il reato (l’infortunio di un lavoratore) costituisce il risultato di una scelta personale ed autonoma del soggetto apicale, realizzata non a causa di eventuali deficienze organizzative, bensì attraverso una condotta ingannevole che abbia aggirato le prescrizioni del modello, pur quanto idoneo ed efficacemente attuato.
Per i soggetti sottoposti all’altrui direzione e controllo, il legislatore ha ritenuto non operante un tale meccanismo di trasposizione e pertanto ha individuato un diverso criterio di connessione del reato all’ente: nel caso di soggetto sottoposto (autore del reato) l’adozione e l’efficace attuazione di idoneo MOG è, all’opposto, di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’ente, anche quando il reato sia stato reso possibile dalla violazione degli obblighi di direzione e controllo gravanti sugli apicali.
Come ribadito dalla Cassazione: “risulta evidente la scelta del legislatore di porre su un diverso piano le due categorie di soggetti in grado di impegnare la responsabilità amministrativa dell’ente, laddove la prima si sostanzia nell’ente stesso, la seconda è in grado di impegnare l’ente soltanto quando concorra un difetto di gestione e di controllo ascrivibile all’ente nelle sue diramazioni apicali e manchi il modello organizzativo suddetto.”
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