FRANCIA - Recepimento della direttiva comunitaria sull’Agenzia: un cantiere ancora aperto
Laurent SCARNA - Avvocato del Foro di Milano - Avocat au Barreau de LYON - Lègister Avvocati
La disciplina dell’agenzia nei singoli Paesi membri dell’Unione Europea ha una fonte comune: la Direttiva 86/653 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti.
A distanza di anni dalle prime trasposizioni nei diritti nazionali, non si è ancora completato, all’interno dell’UE, il cantiere di “coordinamento”, da intendersi come adeguamento delle norme interne alle disposizioni della Direttiva e non certamente come uniformizzazione totale dei diritti nazionali. È infatti nella natura stessa delle Direttive comunitarie lasciare agli Stati un margine di manovra per recepirle.
Nel caso dell’agenzia, si pensi in particolare all’art. 17 della Direttiva 86/653 che offre agli Stati membri due strumenti alternativi a tutela dei diritti dell’agente quando cessa il rapporto contrattuale: l’indennità (il cosiddetto “modello tedesco” adottato anche in Italia) oppure la riparazione del danno subito (il cosiddetto “modello francese”).
Il recepimento della Direttiva è avvenuto in Francia con una legge del 1991 e relativi decreti attuativi, successivamente codificati nel “Code de Commerce”.
Il cantiere rimane tuttora aperto e tenuto conto dei rapporti d’affari tra i due Paesi, le imprese italiane possono essere interessate a seguire l’avanzamento dei lavori, rimanendo l’agenzia uno strumento diffuso per conquistare fette di mercato.
È assai raro che un preponente italiano scelga spontaneamente di assoggettare alla legge francese il rapporto con un agente locale, ma capita di dover fare i conti con tale legge. Per esempio:
il contratto è stipulato da una controllata o partecipata francese della società italiana: trattandosi di rapporto franco-francese, la legge locale trova applicazione;
• l’ipotesi (più “destabilizzante”) in cui non sia stato formalizzato alcun accordo scritto che preveda espressamente l’applicazione della legge italiana; in tal caso, in applicazione delle norme di diritto internazionale privato sulla legge regolatrice dei contratti (Regolamento UE n. 593/2008 - c.d. “Roma I”), il preponente potrebbe scoprire che la legge è quella del Paese nel quale l’agente svolge la propria attività.
È oramai nota a tante imprese la peculiarità della prassi francese in materia di indennità di fine rapporto.
L’art. L. 134-12 del “Code de Commerce” prevede che “in caso di cessazione dei propri rapporti con il preponente, l’agente commerciale ha diritto ad un’indennità compensativa in riparazione del pregiudizio subito”.
Per quantificare l’”indemnité de clientèle” (così viene comunemente denominata), non vi sono indicazioni nel “Code Civil” o nel “Code de Commerce”, e non esistono Accordi Economici Collettivi.
Da oltre 30 anni, si applica la giurisprudenza consolidata che riconosce all’agente normalmente diligente un’indennità pari a 2 anni di provvigioni, con facoltà del giudice di fissarne l’importo in misura inferiore o superiore alla luce delle circostanze specifiche del rapporto contrattuale (in primis la sua durata).
Accanto a questa giurisprudenza oramai granitica, la Corte di Cassazione francese è stata costretta, negli ultimi anni, ad operare importanti “revirements de jurisprudence” per conformarsi ai dettami comunitari.
Un periodo di prova non più a prova di “indemnité de clientèle”
Un altro “revirement” ha interessato la nozione stessa di “agente” e l’ambito di applicazione della normativa.
L’art. L134-1 del “Code de Commerce” dispone che «l’agente commerciale è un mandatario che, quale lavoratore indipendente, senza essere vincolato da un contratto di prestazione di servizi, è incaricato, in maniera permanente di trattare ed eventualmente stipulare contratti di vendita, d’acquisto, di locazione o di prestazione di servizi, in nome e per conto di produttori, d’industriali, di commercianti o di altri agenti commerciali». Nel corso degli anni era emersa un’interpretazione restrittiva del termine “trattare”.
Per la Corte di Cassazione, l’attività associata al termine non poteva essere ridotta alla mera promozione di prodotti, né alla mera ricerca di clienti o ad un ruolo di intermediario passivo, ma significava la facoltà offerta all’intermediario di modificare le clausole contrattuali inizialmente previste dal preponente, inclusi i prezzi e le condizioni di vendita.
Tale giurisprudenza portava in alcuni casi ad escludere la qualifica di “agente”.
La CGUE ha ritenuto che una siffatta interpretazione fosse in contrasto con la Direttiva in quanto i compiti principali dell’agente consistono nel procurare nuovi clienti al preponente e nello sviluppare gli affari con i clienti esistenti, e lo svolgimento di tali compiti può essere assicurato dall’agente mediante azioni di informazione e consulenza nonché discussioni, che fossero tali da favorire la conclusione dell’operazione di vendita delle merci per conto del preponente, senza che l’agente debba per forza disporre della facoltà di modificare i prezzi (Sentenza del 04/06/2020).
La Corte di Cassazione (Sentenza del 02/12/2020), preso atto della posizione comunitaria, affermava che deve oramai esser qualificato come agente commerciale, “il mandatario, un agente, sia esso una persona fisica o giuridica, che, quale lavoratore indipendente, senza essere vincolato da un contratto di prestazione di servizi, è incaricato, in maniera permanente di trattare ed eventualmente stipulare contratti di vendita, d’acquisto, di locazione o di prestazione di servizi, in nome e per conto di produttori, d’industriali, di commercianti o di altri agenti commerciali, pur non avendo il potere di modificare i prezzi di tali prodotti o servizi”.
Il riconoscimento della qualifica di agente rimarrà comunque sempre oggetto ricorrente di controversie vista la posta in gioco (la protezione derivante dalla Direttiva 86/653) e quindi la necessità di distinguere, caso per caso, l’agente da altri intermediari (per esempio l’“apporteur d’affaires”).
Con Sentenza del 17/05/2023 la Corte di Cassazione ha ricordato che l’applicazione dello status di agente commerciale non dipende dalla volontà delle parti espressa nel contratto e dalla denominazione che hanno dato al rapporto contrattuale, ma “dalle condizioni nelle quali l’attività viene effettivamente svolta”.
Colpa grave e diritto all’“indemnité de clientèle”: a volte è troppo tardi
Il terzo “revirement” riguarda l’esclusione del diritto all’”indemnité de clientèle” in caso di colpa grave.
L’art. L 134-12 del “Code de Commerce” dispone che “il risarcimento previsto dall’articolo L. 134-12 non è dovuto nei seguenti casi (…) la cessazione del contratto è provocata dalla colpa grave dell’agente commerciale”.
Per la CGUE (Sentenza del 28/10/ 2010), la Direttiva osta a che l’agente venga privato della sua indennità qualora il preponente dimostri l’esistenza di un inadempimento dell’agente, verificatosi nel periodo di tempo intercorso tra la notifica del recesso dal contratto mediante preavviso e la scadenza di quest’ultimo, che avrebbe potuto giustificare un recesso immediato dal contratto.
Nonostante questa presa di posizione netta, alcuni tribunali francesi insistevano nel ritenere che le violazioni gravi commesse dall’agente durante la vigenza del contratto, comprese quelle scoperte dal preponente dopo la cessazione di quest’ultimo, potessero essere tali da privare l’agente del proprio diritto all’indennità.
La Corte di Cassazione ha nuovamente dovuto rimboccarsi le maniche per rimodellare il diritto nazionale onde adeguarlo al progetto comunitario.
Con Sentenza del 16/11/2022, ha affermato che l’agente non può essere privato del suo diritto all’indennità nel caso in cui il grave inadempimento da lui commesso prima della cessazione del contratto, non sia stato menzionato nella lettera di risoluzione e sia stato scoperto dal preponente dopo la predetta lettera, perché in tal caso l’inadempimento non è la causa della risoluzione del rapporto.
Insomma, un cantiere che ancora oggi risulta in corso di evoluzione.
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