Il crollo delle piattaforme di scambi in criptovalute
Il 17 febbraio scorso sulla pagina web di The Rock Trading, exchange italiano con capitale sociale di 10.000 euro, si comunicava l’interruzione delle attività, senza lasciare la possibilità per gli utenti di accedere ai rispettivi profili. Qualche giorno dopo la società comunicava agli utenti che era stata aperta una “finestra” per consentire ai clienti stessi di visualizzare i saldi sulle proprie posizioni aperte, la lista movimentazioni e per effettuare il download dei relativi report.
La Procura di Firenze, prima, e quella di Milano, poi, hanno aperto fascicoli a carico di diverse persone (almeno così pare) in relazione ad una vicenda che, nel panorama mondiale, non costituisce, purtroppo, una novità.
Se si considera che tra le ipotesi di reato si annovererebbero anche la frode informatica e l’accesso abusivo ad un sistema informatico, si comprende il perché della diffidenza che aleggia intorno al mondo dei criptoassets.
Nel recente passato, si sono infatti registrati significativi default di piattaforme operanti sull’intero pianeta, e che operavano in quel delicato segmento che lega la realtà al virtuale, ossia proprio gli exchanges, che consentono la conversione di denaro in criptovalute.
In effetti, per non lasciarci indurre a giudizi generalisti e come tali approssimativi, la tecnologia informatica ha costruito nel tempo un sistema, quello della blockchain, che indubbiamente, per caratteristiche funzionali, porta ad un valore aggiunto. E’, ancora una volta, l’utilizzo dello strumento che si presta a favorire il riciclaggio a livello internazionale, e la carenza di regolamentazione, che lo favorisce, a porre seri dubbi circa la stabilità del sistema.
Regolare a livello mondiale il fenomeno presuppone che siano monitorate e vigilate tutte le porte di accesso informatico al sistema, ovunque queste siano dislocate. E questo è indubbiamente un problema che è gestibile solo ed in quanto gli anelli periferici trovino dei blocchi nel momento e nel luogo virtuale in cui si voglia superare il perimetro della legalità e del controllo.
In Italia, il problema della vigilanza e della sua effettività è cogente, in un circolo quasi ipnotico che sistematicamente si ripete di superficialità dei controlli, considerando che anche The Rock Trading era una società autorizzata all’esercizio dell’attività.
Se consideriamo che la sospensione dell’operatività deriverebbe (così si legge sulla homepage della società) da una difficoltà nella gestione della liquidità, e che ciò è una perifrasi per confessare la propria insolvenza, ci si chiede se queste forme alternative di impiego di denaro dei risparmiatori (perché, nel bene o nel male, di questo si tratta), siano idoneamente presidiate e vigilate. E la risposta è oggettivamente negativa. Passi in avanti paiono potersi compiere nel prossimo futuro nell’impedire la messa in circolazione di denaro di illecita provenienza. Tuttavia questo è un solo aspetto, e la sicurezza, probabilmente, e riferendoci sempre alle criptovalute, non verrà agilmente ed adeguatamente garantita, soprattutto per la spaventosa instabilità degli pseudo-mercati di scambio.
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